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Parlare approfonditamente della monetazione greca e dei vari tipi monetali richiede un numero di pagine notevole a causa della frammentazione del mondo greco, perciò ci limiteremo a una veloce descrizione di alcuni elementi della moneta, particolarmente per il periodo fine arcaico, classico ed ellenistico. Prima di tutto bisogna partire da un presupposto, la monetazione antica si basa su metalli preziosi1 quali bronzo, argento e oro; queste monete hanno il loro potere d’acquisto non perché sia uno stato a dirlo ma perché racchiudono la quantità (e quindi il peso) di metallo prezioso che vale quanto il bene che si vuole comprare. Il sistema basilare prevede l’obolo (in bronzo), la dracma (in argento), lo statere (in oro) e una quantità di multipli e sottomultipli che vedremo brevemente; l’obolo2 è la moneta base di circa 0,5 grammi, sei di queste monete valevano una dracma, la più famosa moneta greca, del peso di 4,3 grammi circa3.

Sistema euboico-attico

Il sistema ponderale più usato era quello euboico-attico, usato nell’Attica, Eubea e in diverse transazioni internazionali (come vedremo); altre realtà (Corinto e Calcide per esempio) usarono altri valori. Come si evince dalla tabella, occorrono 6 oboli per formare una dracma, 100 dracme formano una mina, 60 mine formano un talento; occorre precisare che mine e talenti non sono tipologie di monete ma unità di peso (usate indicativamente per precisare la quantità di metallo prezioso), ne risulta che un talento pesa circa 25,86 kg, e così è ovvio pensare al grande valore di un talento d’argento o d’oro.

La dracma stessa ha dei multipli: la didracma e la tetradracma, del peso e valore di 2 e 4 dracme, mentre lo statere4 costituisce una moneta d’oro del peso equivalente a una didracma o tetradracma; questa moneta venne usato soprattutto in oriente a causa delle vaste riserve auree dell’impero persiano5. Questo sistema ponderale venne in seguito utilizzato in tutta l’Asia a causa dell’invasione alessandrina prima e del regno seleucide poi.

Un altro metallo utilizzato, ma in quantità minore fu anche l’elettro; oltre ai metalli anche i tipi monetali stessi variavano enormemente da città a città, o da re a re; basti pensare che Sparta (la cui fobia per la monetazione preziosa è celeberrima) usava delle monete di ferro grezzo per l’uso interno. Alcuni sovrani coniavano tipi particolari di monete per i loro scopi, un esempio è l’octodracma in argento coniata dal sovrano seleucide Antioco III nel III/II secolo a.C. del peso di ben 34,33 e 20 grammi6. Abbiamo citato prima l’utilizzo del sistema attico-euboico nelle transazioni internazionali, vediamone un esempio: nella guerra Siriaca del 193-188 a.C. i Romani sconfissero i Seleucidi di Antioco III e come riparazioni di guerra pretesero ben 15.000 talenti euboici d’argento7, di cui una parte in rate annuali (per un totale di circa 380-390 tonnellate di metallo prezioso!), oltre ad altre condizioni estremamente esose per il regno di Siria.

Come abbiamo detto, se numerosi sono i tipi e i pesi delle varie monete, ancora più numerosi sono i simboli sopra impressi; alcuni tra i più famosi sono la civetta e la testa di Atena sulle dracme ateniesi con le iniziali del nome della città;

Atena e Civetta

e la testa di Alessandro Magno con criniera leonina (rimando a Eracle) con la dicitura sul verso ALEXANDROY ovvero DI ALESSANDRO, indicandosi come unica autorità col potere di emettere moneta8, in particolare, questa tetradracma.

Alessandro Magno

L’istituzione che produce le monete è la zecca, sempre controllata dallo stato/sovrano e con diramazioni anche in alcune città di grande importanza (soprattutto nelle grandi monarchie ellenistiche). Nella zecca, le barre di metallo prezioso venivano fuse e colate in stampi per ottenere dischetti della grandezza e del peso voluti, in seguito questi dischi venivano posti sul conio per imprimergli la forma della superficie con una vigorosa martellata (in alcune monete si riesce a vedere come il colpo non fosse sempre troppo preciso) per imprimere la stampatura. Purtroppo, dal mondo antico non ci sono pervenuti stampi originali per un semplice motivo: venivano distrutti ogni volta che si dovevano cambiare le legende sulle monete e quelli che sono stati trovati erano semplicemente quelli usati dai falsari. Anche in antichità si falsificava il denaro, semplicemente fondendo dischi di metallo di poco valore (come il piombo) e ricoprendoli con una leggera patina di metallo prezioso; per questo molte monete hanno segni di tagli e graffi visto che le persone le graffiavano per vedere cosa c’era sotto.

VALORE

Come abbiamo visto, la moneta ha un valore che le è dato dalla quantità di metallo che la forma, ma tale quantità può essere ridotta nel caso si debba attuare una svalutazione; un esempio di tale svalutazione lo si trova nelle azioni del tiranno ateniese Ippia9. Costui, avendo bisogno di denaro, svalutò la moneta corrente e mise una tassa sul nuovo conio che sarebbe stato prodotto, i cittadini dovettero consegnare le vecchie monete e pagare la tassa per avere in cambio le nuove, pagarono e Ippia diede loro il nuovo corso monetale fatto con le vecchie monete. In questo modo il tiranno era riuscito a ottenere della liquidità in più; non sorprende che la popolazione ateniese lo abbia cacciato dalla città dopo trucchi del genere.

Un altro esempio geniale di come si possa adattare il valore monetale agli scopi lo troviamo nella città ionica di Clazomene10; la città aveva bisogno di 20 talenti d’argento (più gli interessi) per pagare i mercenari che avevano combattuto per lei, così la città (a differenza di Ippia) trovò la soluzione al problema dei pagamenti continui (infatti non riuscivano a saldare tutto il capitale e quindi pagava sempre interessi11). Fu coniata una moneta di ferro per uso interno e si stabilì che avrebbe avuto lo stesso valore di quella d’argento e fu distribuita fra i ricchi che in cambio dettero le loro d’argento, così la città dette l’argento ai creditori e ai mercenari; estinto il debito cominciò gradualmente a ritirare le monete in ferro sostituendole con quelle in argento. Di esempi simili ce ne fornisce un certo numero anche il tiranno Dionisio di Siracusa12, e il più significativo è questo: “Un’altra volta aveva preso in prestito dai cittadini del denaro con la promessa della restituzione. Poiché quelli glielo richiedevano egli ordinò che ognuno gli portasse tutto l’argento che possedeva: in caso contrario pose come pena la morte. Quando l’argento gli fu portato, egli lo coniò in dracme ciascuna del valore di due dracme e le dette a loro e così <ripagò> il debito antico e quello recente.

Un ultimo esempio del valore nominale che si poteva dare alla moneta lo troviamo in Ps. ARISTOTELE II, 2, 23: “Timoteo ateniese mentre combatteva contro gli Olinti, trovandosi a corto di denaro, coniò una moneta di bronzo e la distribuì ai soldati. Essendo però i soldati malcontenti, disse loro che i mercanti e i rivenditori tutti avrebbero ugualmente venduto ad essi ogni cosa. Ai mercanti poi dichiarò pubblicamente che con le monete di bronzo che avrebbero preso potevano comprare a loro volta e i prodotti del paese e quanto era frutto di preda: le monete di bronzo che fossero rimaste loro, le portassero a lui e avrebbero ricevuto argento.

UTILIZZO

Abbiamo visto che il valore monetale fosse ancorato al reale valore del metallo prezioso, ma anche come (in casi estremi) le autorità cambiassero tale valore o lo scambiassero con metalli diversi; ma le monete stesse avevano utilizzi diversi. Infatti, le monete erano anche un veicolo propagandistico eccezionale per l’epoca (poiché passavano di mano in mano) e dall’età alessandrina osserviamo un crescendo di legende confermanti la natura divina del potere regale (come l’esempio di Alessandro Magno con l’iconografia di Eracle) e tale fenomeno crescerà esponenzialmente in età imperiale romana. Roma capisce che una moneta può distribuire un messaggio a livelli massimi, e infatti, già da Augusto le monete cominciano ad indicare il numero dei consolati da lui ricoperti, il numero dei trionfi e le volte che ha assunto le varie cariche che formavano il suo potere imperiale, in tal modo le monete diventano un eccellente strumento per datare un evento, una emissione monetale particolare o uno strato archeologico in cui siano state ritrovate queste monete.

L’utilizzo più originale e stupefacente (rimasto in auge fino a non troppi decenni fa) è quello della gioielleria monetale, ovvero l’incastonare le monete (soprattutto d’oro) in anelli, collane e oggetti artistici per dimostrare la propria ricchezza e il proprio potere13.

Patera di Rennes, con monete di diversi imperatori e mogli da Marco Aurelio in avanti, III sec. d.C.
Collana monetale d’Abukir, III sec. d.C.

Dott. Andrea VIOLANTE FALZACAPPA
Commissione di RICERCA STORICA Simmachìa Ellenon
03 Settembre 2015

1 Mentre l’economia reale prevede frequentemente pagamenti in beni e servizi.
2 In età arcaica gli oboloi erano gli spiedi di ferro su cui si cuoceva la carne dei sacrifici e che era ripartita tra la popolazione delle comunità.
3 Ovviamente, il peso non era sempre matematicamente uguale e piccolissime variazioni di peso erano inevitabili nelle zecche.
4 Vedi Secondina L. C., Statere, in: Enciclopedia Treccani. Per lo statere seleucide vedi Bickerman E., Institutions des Séleucides, Paris, 1938, p. 214.
5 Secondo ERODOTO (III 89-95) l’impero persiano ogni anno riscuoteva 14.560 talenti euboici in argento e oro, ovvero circa 360-370 tonnellate. Famoso è il Darico, ovvero la moneta d’oro fatta coniare da Dario I e che portava raffigurata sul dritto l’immagine di un arciere. PLUTARCO (AGESILAO, 15, 8) racconta che il re spartano Agesilao, che stava devastando i domini persiani in Asia Minore dovette tornare in patria e così dice PLUTARCO: “Dato che la moneta persiana portava impresso un arciere, andandosene egli disse che il re lo scacciava dall’Asia con trentamila arcieri: infatti tante monete (Darici) furono portate ad Atene e Tebe e distribuite ai capi politici e così i democratici entrarono in guerra contro gli Spartani”.
6 Bickerman E., Institutions cit., pp. 214-215.
7 POLIBIO, XXI, 17, 3-8.
8 In età alessandrina ed ellenistica la legenda sulle monete servirà sempre più a trasmettere messaggi politici.
9 PS. ARISTOTE, ECONOMICO, II, 2, 4.
10 PS. ARISTOTELE, ECONOMICO, II, 2, 16.
11 Tramite l’intermediazione della banca cittadina; un esempio simile è a Bisanzio: PS. ARISTOTELE, II, 2, 3.
12 Idem., II, 2, 20.
13 O la propria fedeltà, nel caso che la moneta recasse l’immagine di un imperatore.

BIBLIOGRAFIA

FONTI
Erodoto, Histoires, livre III, texte etabli et traduit par Ph. E. Legrand, Paris, Les belles lettres, 1968.
Plutarco, Agesilao, a cura di Angelo Meriani e Giannattasio Andria, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1998.
Ps. Aristotele, L’amministrazione della casa (economico), a cura di Carlo Natali, In appendice frammenti di neopitagorici e l’Economico di Brisone, Trad. di Renato Laurenti e Mauro Zonta, Roma, Laterza, 1995.

MONOGRAFIE E ARTICOLI
Bickerman E., Institutions des Séleucides, Librairie Orientaliste P. Geuthner, Paris, 1938.
Molinari M. C., L’aspetto ponderale della moneta, pp. 1-18.

ON-LINE
http://www.wildwinds.com/coins/sg/i.html
Secondina L. C., Statere, in: Enciclopedia Treccani

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